L’Italia: secondo produttore in Europa e nel mondo di olio d’oliva
L’Italia ha produzione nazionale media di oltre 6 milioni di quintali, due terzi dei quali extravergine e con ben 37 denominazioni DOP riconosciute dall’Unione Europea.
L’ulivo è diffuso, in Italia, su circa un milione di ettari in coltura principale e su di una superficie di poco inferiore in coltura secondaria, consociata con seminativi o con altre specie arboree tra cui vite, agrumi, mandorlo, ecc.
Riguardo le zone altimetriche, l’ulivo è diffuso per l’11% in montagna, il 62% in collina e per il 27% in pianura.
Considerate le caratteristiche stesse della pianta, la quale necessita di un clima mite, la coltivazione dell’ulivo in Italia è molto diffusa nelle regioni del centro (19%) e del sud (79%), mentre al nord la produzione è più limitata (2%). Ma è in aumento e si sta concentrando particolarmente in alcune zone a microclima più temperato, come ad esempio la Liguria o le zone collinari attorno al Lago di Garda.
Le piante in produzione sono circa 170 milioni e le aziende agricole che si occupano di olivicoltura sono più di 1.000.000, pertanto le superfici medie coltivate sono dell’ordine di un ettaro circa, a testimonianza dell’estrema frammentazione fondiaria.
La produzione dell’olio di oliva, soprattutto di quello extravergine, è finalizzata al rispetto dell’integrità dell’oliva e alla sua lavorazione in breve tempo dopo la raccolta. Solo in questo modo è possibile produrre un olio extravergine di qualità.
Le caratteristiche intrinseche del frutto, le corrette procedure di raccolta, le tempistiche e la molitura (frangitura in frantoio) sono fattori determinanti per la qualità finale del prodotto.
La qualità di un olio d’oliva non è caratterizzata soltanto dal basso grado di acidità, ma da tutta una serie di caratteristiche organolettiche, frutto di processi produttivi assolutamente ottimali, dalla coltivazione della pianta al raccolto, alla spremitura in frantoio.
L’olio: un alimento prezioso fin dall’Antichità
Giunio Moderato Columella, uno dei grandi agronomi del tempo, recitava: “olea prima omnium arborum est”. Ossia fra tutti gli alberi, il primo posto spetta all’ulivo.
L’ulivo ,da sempre, ha rappresentato il simbolo di gloria, purificazione, pace, abbondanza e benedizione. Nell’antichità ha donato le sue fronde per incoronare sia i vincitori di pacifici giochi sia i guerrieri di cruenti guerre. Con l’olio, suo prezioso frutto, ha consacrato il capo dei grandi personaggi della terra ed illuminato le lampade votive di tutte le religioni.
I Greci e i Romani, utilizzavano l’olio d’oliva, soprattutto per la cura del proprio corpo. Quasi tutti gli uomini e le donne ne facevano uso. L’olio, spalmato sui corpi, aveva una funzione detergente e protettiva. Inoltre veniva usato come unguento, arricchito con vari profumi ricavati da erbe e fiori e come preparazione per pomate curative, utili alla cura di: ferite sanguinanti, per alleviare il prurito, per le punture provocate da insetti e piante, contro le ustioni della pelle.
Veniva utilizzato anche per curare patologie quali: mal di testa, infezioni delle orecchie, degli occhi, dell’utero, contro i disturbi intestinali ed epatici.
Benedettini, Cistercensi e Basiliani, fecero rifiorire l’importante economia olivicola, ricreando prima in Puglia e in tutto il meridione d’Italia, le grandi estensioni di ulivi, concessi in gestione ai contadini, con ‘contratti di concessione’ “ad laborandum”.
Primi fra tutti, furono i monaci Benedettini, che per preminenti motivazioni liturgiche, dovevano necessariamente tenere in vita la tradizione oleicola, operando secondo la regola ‘ora et labora’.
L’olio d’oliva, divenne uno dei più importanti riferimenti commerciali, capace di far decollare l’economia dell’epoca, divenendo un’importante attività trainante.